Di lui hanno scritto – solo per citarne alcuni – Sciascia, Pirandello, Montale, Spaziani. Susanna Tamaro lo consulta per l’orto e il giardino. Di anni ne ha molti, moltissimi, 254, ma questo nulla toglie alla vitalità dell’Almanacco Barbanera. Anzi, caso quasi unico, il passare del tempo si fa nelle sue pagine contemporaneità. L’inizio porta in Umbria, nella Foligno del 1762: di qui, questo figlio del made-in-italy ante litteram, partì per l’Italia intera. Fu subito best-seller. Sorta di “vangelo” dei ceti rurali, metteva a disposizione buone pratiche, previsioni meteo, saper fare per il frutteto e l’orto, per il cortile e la casa. Con le lune, i santi, i proverbi e un italiano, semplice e pulito, ad unire un Paese che ancora non si comprendeva. Oggi – mutatis mutandis – l’Almanacco segna ancora il crinale tra la fine di un anno e il buon inizio di quello nuovo, continua a scandire il tempo, le stagioni, le cose da fare e da sapere, le quotidianità di milioni di italiani che ora abitano in città. Racconta una storia, una tradizione, uno stile di vita consapevole, sostenibile, “in armonia con la natura” – scrive Umberto Eco -, con i ritmi del cielo e della terra. È, come lo definì d’Annunzio che mai se ne separava, “Il Fiore dei Tempi e la Saggezza delle Nazioni”. Vate davvero d’Annunzio! Il tempo gli ha dato ragione: l’UNESCO ha appena accolto la Collezione di Almanacchi Barbanera 1762-1962 della Fondazione Barbanera 1762 nel Memory of the World Register, “simbolo di un genere letterario che ha contribuito a creare l’identità di intere nazioni prima dell’avvento dei più moderni mezzi di informazione di massa”. Nella Memoria del Mondo Barbanera si trova accanto a giganti quali l’alfabeto fenicio, la Nona Sinfonia di Beethoven, il Diario di Anna Frank… Un riconoscimento straordinario per il nostro Paese, un buon augurio per il 2016 che sulle ali dell’Almanacco viaggia ora a livello planetario.

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